GUIDA TURISTICA CULTURALE DELLA CITTA' DI PIZZO

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La Seggiola Borgo di pescatori di Pizzo Calabro

 

MUSOLINO BENEDETTO (Pizzo, 8. 11. 1809 Pizzo 15 novembre 1885)

 

Nato e cresciuto in una famiglia in cui da tempo si respirava aria di idee liberali ed antiborboniche e si conoscevano a proprie spese le crudeltà della repressione, incominciò ben presto a manifestare la sua impazienza politica prima al liceo-ginnasio di Monteleone e poi a Napoli ove studiò giurispru­denza.

Nella capitale del regno conobbe uomini di cultura e strinse amicizia col fior fiore dei neo intellettuali dalle idee politiche avanzate e progressiste. Si legò di un affetto sincero a Luigi Settembrini. Era il tempo in cui l’arte so­gnava l’Oriente e, incline al suo temperamento romantico, Benedetto intra­prese con slancio giovanile ed indicibile entusiasmo un viaggio a Costantino­poli ospite del Visir e fu a lungo suo consigliere; ma deluso, per non essere stato ascoltato in molti suggerimenti di carattere economico-amministrativo, rientrò a Napoli con la chiara intenzione di organizzare una setta di cospira­tori contro la tirannide borbonica. Nel 1832 fonda, nel Regno delle due Sici­lie, la Setta detta dei Figlioli della Giovine Italia, di cui egli scrisse il Catechi­smo e diresse il governo durante sette anni. Sebbene era quasi identica a quel­la di Giuseppe Mazzini, pur inseguendo gli stessi ideali, era diversa sia nell’organizzazione che nella condotta.

Dopo sette anni di attività, l’8 maggio 1839, in seguito al tradimento di due affiliati venne arrestato e con lui presero la via del carcere il fratello Pa­squale, Luigi Settembrini, Raffaele Anastasio, Saverio Bianchi. Nell’ottobre del 1848, dopo tre anni e mezzo di carcere, furono liberati e imposto ad ognuno di raggiungere il proprio paese. Benedetto a Pizzo veniva sottoposto a stretta sorveglianza; gli era vietato allontanarsi oltre l’abitato anche di gior­no, di rimanere fuori di casa dopo il tramonto, di frequentare locali pubblici. Ma anche in un simile stato di violenza, segretamente, cospirò assieme al ni­pote Giovanni .Nicotera, a Felice Sacchi ed Eugenio De Riso coi quali si pro­digò per preparare la rivoluzione del 1848. La Rivoluzione lo riabilitò nei giusti diritti politici e civili. Fu eletto per la circoscrizione di Monteleone de­putato al nuovo parlamento con 4179 voti.

Ma la libertà non era allora se non una promessa che non sarebbe stata adempiuta, e il re borbonico non tardò molto a mancare al giuramento che aveva fatto, concedendola al popolo napòletano. (...)

Benedetto Musolino, in qualità di deputato, fu uno dei 64 segnatari del­la menzionata solenne Protesta del 15 maggio contro lo spergiuro Re Ferdi­nando II di Borbone, che sciolse poi il Parlamento colla forza brutale. “Re­pressa nel sangue la protesta di Napoli, Musolino passò in Calabria e si diede ad organizzare, in qualità di esperto per la guerra, la difesa del Governo Provvisorio creato a Cosenza. La reazione borbonica fu spietata; gli insorti non furono risparmiati. Palazzo Musolino, per repressione, fu saccheggiato ed incendiato; passati per le armi il vecchio genitore di Benedetto, fucilato il fratello primogenito Saverio, illustre avvocato, scoperto in un sotterraneo; la madre, un altro fratello e la cognata Rosina Scaglione morti pochi mesi dopo di crepacuore; tutte le altre proprietà urbane e rurali messe a ruba e devasta­te” .

“Dopo due mesi di lotta troppo diseguale, essendo stata compromessa l’insurrezione calabrese, Benedetto Musolino prese la via dell’esilio. E nel lu­glio 1848, col fratello Pasquale e il nipote Giovanni Nicotera, volontari al campo, cogli altri membri del Governo Provvisorio e con altri principali com­promessi (in tutto 17) imbarcatosi alla spiaggia di Botricello in una piccola bar­ca peschereccia, veleggiò, alla volta di Corfù, dove arrivò felicemente”.

Condannato contumacialmente alla pena di morte iniziò la sua vita di patriota, prendendo parte attiva col grado di maggiore e colonnello, alla ri­voluzione romana del 1849; per sfuggire alle diverse polizie segrete che gli da­vano la caccia dovette rifugiarsi in Piemonte, in Inghilterra e in Francia ove visse in miseria e per potersi guadagnare da vivere dava lezioni private d’ita­liano e più di una volta, “ebbe egli a dichiarare ai suoi parenti, nel giorno di Natale e di Pasqua gli toccò di mangiare soltanto mele e patate, entro una te­tra ed angusta cameretta”.

Saputa in Francia della spedizione dei Mille, subito, senza indugiare mi­nimamente, si portò a Palermo ed il 5 luglio 1860 si presentò a Garibaldi il quale lo conosceva già per i suoi alti meriti e lo arruolò subito col grado di colonnello brigadiere.

Fu il primo a passare, con un gruppo di militari, lo stretto di Messina e richiamare cosi l’attenzione delle truppe borboniche in altri lidi onde permet­tere al grosso dei Garibaldini di poter guadagnare impunemente la costa cala­bra, come in effetti avvenne.

Combattè a Reggio, Piale, Soveria Mannelli, Capua meritandosi la sti­ma di tutti e divenendo l’orgoglio dei calabresi; una volta unita l’Italia, fu eletto a giusta ragione deputato al Parlamento Nazionale. “Già deputato delle Provincie Meridionali, del 1848, al Parlamento di Napoli; coprì ininter­rottamente tutte le legislature, che si ebbero dal 1861 al 1881. Fu deputato nel Parlamento di Torino, Firenze ed infine a Roma, finalmente ca­pitale del nuovo regno. Il 12 giugno 1881, venne nominato senatore del regno ma nel settembre 1883, per causa di salute, dovette ritirarsi a Pizzo ove tra­scorse, dopo una vita tanto interessante e movimentata, gli ultimi anni assie­me ai suoi nel rispetto dei concittadini.

Compose le seguenti opere: “La rivoluzione del 1848 nelle Calabrie”, opera postuma pubblicata nel 1903 dal nipote avv. Saverio Musolino; “La Gerusalemme e il Popolo Ebreo”; “Al popolo delle Due Sicilie”; “Il presti­to dei 700 milioni e la riforma delle imposte”; “Il trattato di Berlino”, tip. Botta, 1879 Roma; “Memorandum sur la guerre actuelle Turco-Moscovite”, tip. Artero, Roma 1877; “La Riforma Parlamentare”, C. tipografi del Sena­to, Roma 1882.

Fu eletto al parlamento pèr i seguenti collegi: collegio di Montelone, de­putato per la sinistra, VIII Legislatura (18.2.1861 7.9.1865); collegio di Monteleone, deputato per la sinistra, IX Legislatura (18. nov. 1865 13. 2. 1867); collegio di Monteleone deputato per la sinistra, X Legislatura (22. 3.1867 2 Nov. 1870); collegiò di Monteleone, deputato per la sinistra XI Le­gislatuìa (5.12.1870 20.9.1874) collegio di Cittanova, deputato per la sini­stra XII Legislatura (23 Nov. 1874 3.10.1876) eletto in seguito all’opzione di Englen Mariano per il collegio di Napoli; collegio di Cittanova, deputato per la sinistra, XIII Legislatura (20 Nov. 1876 2.5.1880) Senatore a vita dal 12.6.1881, per via della legge che dava questo diritto a tutti i deputati che avessero sei anni di servizio o che fossero stati eletti per almeno tre legislatu­re.

(fonte: Franco Cortese Opera Citata)

 

 

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 Giuseppe Pagnotta

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